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  l'angolo delle riflessioni

FIGLI DI UN DIO MINORE?
intervista ad un disabile… in cerca d’amore
di: Mariano Brasioli
(intervista raccolta il 24/10/2005)

Il mondo, almeno il nostro (quello occidentale), è chiaramente dominato dall'ossessione per la perfezione fisica, chi è meno che perfetto ha difficoltà a trovare un suo spazio… e partner. Figuriamoci se è "addirittura" un disabile.

Immaginiamo di trovarci in una serata e di entrare in un’affollata discoteca, stracolma di giovani coi loro smaglianti sorrisi. Tutto è giovane, tutto è bello: a chi salterebbe in mente di chiedersi quale sia la causa di tanta perfezione?
La risposta è semplice: vi è una selezione, naturale ma anche forzata.
Già, perché se è logico non trovare in un locale, ad esempio, nonne o bambini perché dovrebbe esserlo per chi ha qualche problema?
Invece, è quasi "scontato" che non vi entrino nemmeno disabili psichici o in sedia a rotelle…
I disabili, sono persone di ogni età che di giorno sono “tollerati”, di pomeriggio vanno “compatiti” e di sera ….“dimenticati”.
Giovanni M. ha 23 anni, automunito con regolare patente di guida, vive nella periferia del nord “costretto” sulla sedia a rotelle più o meno dalla nascita. “Il mio problema più grande resta tuttavia l’ottusità della gente, dei presunti “amici”, dell’Amministrazione pubblica perfino di chi è pagato per offrire un servizio (vedi il S.I.L..)” dice.
“È quasi impossibile frequentare un locale per giovani…. A parte le barriere architettoniche, vi è anche la difficoltà di comunicare, specialmente con i coetanei” e, continua, “…Spiace dover dire che sono proprio i miei coetanei i più superficiali. Ho letto recentemente che una ragazza su quattro chiede un intervento estetico come regalo di Natale ti rendi conto?
I giovani sono convinti che sia indispensabile togliere la pancetta o avere un seno perfetto per avere soddisfazioni nella vita, per essere felici?
Sarà la voglia di assomigliare ai modelli proposti dai media: belli e (quindi) vincenti?!? Certo il contesto in cui viviamo non aiuta, ma sono anche l'educazione e (spiace dirlo) l'ambiente famigliare che non funzionano. Così la chirurgia estetica rischia di diventare un bene di consumo... come fare la spesa o andare dal parrucchiere... ”

d. Immagino quindi che sia difficile per un disabile vivere liberamente la propria affettività…
Ci sono alcuni stereotipi che fanno vedere nel disabile una persona incapace di autonomia e da assistere in ogni scelta. Senza contare che, generalmente, noi disabili siamo visti come asessuati, persone che non hanno il dono della capacità di amare. Assurdo dunque anche pensare che un disabile possa pretendere una relazione sentimentale e quando questo succede cozza con mille pregiudizi”. Continua il suo sfogo Giovanni…
“D’altra parte in un mondo dove ci si sente seguiti con la coda dell’occhio e dove si viene forzatamente circondati dalla “pelosa” compassione dei “buoni”, chi è in sedia a rotelle viene facilmente isolato”.
“Da qualche tempo ho iniziato a chattando in internet ho conosciuto una ragazza, che però non ha voluto continuare a frequentarmi proprio a causa della mia disabilità. Purtroppo, spesso, in chat vengono scritte cose non veritiere…”

d. E per quanto riguarda le relazioni individuali?
“Come ho detto, ho la sensazione che la gente – purtroppo particolarmente i giovani - attorno a me si senta a disagio, che non si sappia come gestire la mia presenza. Sono percezioni che ti lasciano di stucco. La realtà, io penso, è che i ragazzi cercano il perfetto in tutto, il bellissimo, il senza problemi, ma non hanno ancora capito che anche noi siamo persone dignitose e autonome. E come tali vogliamo essere considerati, mentre è necessario e doveroso abbattere barriere culturali ed architettoniche.”

d. Già, le barriere….?
“Andavo a scuola nel capoluogo, ma chi aveva architettato la struttura si era ben guardato dal prevedere un ascensore o un accesso facilitato. Nonostante le ripetute richieste il Direttore non trovò mai una soluzione, così ho dovuto abbandonare”.

d. ma…, mi avevi detto che ti sei diplomato?
“Si perché fortunatamente ho trovato un’alternativa; però ripiegando su una scelta minore”.

d. Come ti sei inserito nella comunità?
“I coetanei, come dicevo, mi scansano nonostante il fatto che io sono uno a cui piace la compagnia, scherzare e ridere. Anche qui infatti c’è chi pensa che i diversamente abili (ma perché poi??) siano persone che necessitano di tutela o di pietismo, al più da tollerare…mentre abbiamo raggiunto un buon grado di autonomia. Credo sia proprio un problema culturale.”

d. Cosa intendi dire?
“Quello della “tolleranza” e,quindi, dell’”integrazione” è un concetto facile da predicare, ma difficile da praticare. Quante volte si inneggia alla tolleranza? Eppure barriere culturali ed architettoniche sembrano impedire al disabile di prendere parte alla comunità.tutti adesso parlano di disabilità e a parole molti dicono di voler fare qualcosa. Ma poi i pregiudizi finiscono per prevalere.”

d. Cioè?
“Per esempio a me piace il basket. Tifo per la CA.RI.FE. in A2, la Società mi consente di accedere alle strutture e di vedere gli incontri gratis! E così posso incontrare altre persone e socializzare. Ma sono ancora situazioni isolate. Il fatto è che non basta la legge per abbattere le barriere architettoniche o i pregiudizi”.

d. E “da grande” cosa intendi fare?
“Mi sono avvicinato a un’associazione che si propone la difesa dei più deboli e di chi vive il disagio. Mi è stata data anche l’opportunità di far parte del direttivo, credo per dimostrare che possiamo diventare protagonisti dei nostri diritti. E questo è bene. Poi, ho iniziato un’esperienza d’inserimento lavorativo che mi sta offrendo possibilità relazionali soddisfacenti e, spero, una qualche prospettiva di stabilità. Infine, mi auguro di trovare un affetto, magari una donna più grande di me e,quindi, più matura“.

conclusione:
Il fatto è, come dice il nostro amico, che di leggi e leggine ce ne sono a bizzeffe, sia di nazionali che regionali, tutte caratterizzate dal fatto di non essere abitudinariamente rispettate. Il fulcro del problema resta nella visione distorta della vita. Finché si pensa che il pianeta sia abitato da cittadini eternamente ventenni, indubbiamente carini, coi vestiti alla moda ed il sorriso smagliante, consciamente o inconsciamente, il disabile ci mette a disagio. Ed è proprio questa la radice da estirpare in ognuno di noi.
Ben vengano, quindi, le associazioni per disabili, ma dobbiamo tener presente che esse non devono trasformarsi in sottogruppi ghettizzanti e soprattutto non devono essere una scappatoia per chi pensa che per frequentare la vita occorrano determinati parametri di “normalità”.
Il problema non è di stabilire quanti e quali siano i disabili, è infatti fuorviante, se non inutile, cercare a tutti costi di estrapolare percentuali e casistiche; ma la questione è un’altra. Bisogna stimare il disabile come “persona”, senza infingimenti, circonlocuzioni, o ipocrisie a buon mercato. Persona esattamente come lo siamo noi.
Quindi titolare di diritti e di doveri, di sentimenti e, perché no, di sessualità. E se un venticinquenne in perfetta salute ha il diritto di lavorare o più semplicemente di divertirsi con gli amici in discoteca, perché non dovrebbe averlo un suo coetaneo disabile?
Altrimenti si finisce col lottare contro la discriminazione delle minoranze in generale, ma alla fine siamo noi stessi a sopportare, più che a tollerare, il disagio dell’incomprensione.

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