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  l'angolo delle riflessioni

Deficit o handicap?
di: Tiziana Buoso

Ma chi è il portatore di handicap? Cosa vuol dire realmente la parola handicap? Il termine entrato ormai a far parte del nostro linguaggio è troppo spesso usato a sproposito. Chi può essere definito un portatore di handicap?
L'Organizzazione Mondiale della Sanità, in un suo manuale per una classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali, individua opportunamente tre momenti separati, ma coordinati, che intervengono in un processo invalidante:

1. la menomazione (o minorazione),
2. la disabilità,
3. l'handicap (o svantaggio).

La menomazione è un danno organico, una patologia che comporta l’inesistenza, o cattivo funzionamento di una qualsiasi parte del corpo, una qualsiasi perdita di funzione intellettiva, psicologica, fisiologica o anatomica.

La disabilità è la perdita di funzioni conseguente alla menomazione, ovvero qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere una attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per l’uomo.

L'handicap è la difficoltà che il menomato, o il disabile, subisce nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità, la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita od impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età, sesso e fattori socioculturali.

In altre parole:
il Deficit definisce la condizione soggettiva e personale di chi, a causa di un evento traumatico o morboso, abbia subito una menomazione della propria sfera biologica o psichica.
l’Handicap esprime la situazione oggettiva di difficoltà in cui viene a trovarsi il portatore di deficit nel processo di integrazione nella comunità, che è organizzata secondo standard di potenzialità o di prestazioni considerate normali, ed è evidentemente dipendente da un rapporto spazio temporale.

In altre parole, ancora, un deficit è difficilmente annullabile, in quanto situazione soggettiva, non è una malattia dalla quale si può guarire, ma è uno scompenso o una imperfezione stabile, mentre l'handicap, in quanto oggettivo e dipendente dalla situazione, può essere aumentato, ridotto o anche annullato.

Penso sia importante comprendere la differenza tra il concetto di menomazione, disabilità, deficit e quello di handicap, perché è quest'ultimo il campo del nostro agire sociale : cercare di rimuovere, o almeno ridurre quegli ostacoli che creano e mantengono lo stato di disagio.

E se la funzione principale della famiglia è quella educativa, dove ogni singola persona trova dei modelli di riferimento, dove costruisce il suo comportamento dove impara a conoscere se stesso, le proprie capacità, i propri limiti; se la famiglia è il luogo per eccellenza in cui si sviluppa la personalità di ciascun individuo, allora si capisce bene come già a quel livello sia necessario intervenire per rimuovere ogni pregiudizio e ostacolo.
Quando in una famiglia nasce un bambino con ritardo mentale, o con deficit motorio, o sensoriale, o con malformazioni o patologie congenite, viene messo in discussione l’equilibrio familiare e le nuove difficoltà richiedono solidi valori e tanta determinazione da parte dei genitori. Questa famiglia molto spesso ha bisogno di sostegno per affrontare nel modo più adeguato queste problematiche in più.
Un particolare problema è l’incertezza del “dopo”, dopo la scuola, dopo il trattamento riabilitativo, il non poter avere una sicurezza sul futuro del proprio figlio, questo comporta spesso nei genitori sfiducia, talvolta distacco oppure ansia.
La famiglia vivendo una lunga serie di problematiche ha un carico sociale notevole, vive uno stress aggiuntivo continuato, occorre quindi dare supporto, serenità e sicurezza a quella famiglia che deve crescere “con il” proprio figlio.
Per questo motivo il riconoscimento della condizione di disagio non si deve limitare al solo beneficio economico erogato da parte dello Stato, ma deve far emergere nuove attenzioni sui valori da parte della società e sulle relazioni che spesso sono invece tenuti in secondo piano.
Per questo motivo la società di oggi deve garantire l’integrazione delle persone diversamente abili in tutte le fasi di crescita e durante la vita sociale; durante il percorso scolastico e nel mondo del lavoro; quindi garantire pari opportunità, rispettare l’individualità della persona, riconoscerne le qualità. E questo proprio per limitare il peso e gli oneri sociali dell’handicap. L’impegno che tutt’oggi il “settore privato” offre è di valorizzare il ruolo che possono e devono avere le persone con disabilità all’interno della società civile, dove dovranno essere stimolati l’autonomia significativa per apprendere le abilità mancanti o venute meno.

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